Per celebrare con consapevolezza la prossima festa della donna è necessario riflettere anche sui meccanismi che alimentano i cliché negativi sulla donna.
L’immagine femminile e il corpo della donna, ad esempio, vengono usati massicciamente nella pubblicità perché svolgono una duplice funzione: richiamano l’attenzione e fanno aumentare le vendite.
Gli spot si incentrano per la maggior parte sul corpo femminile, anche quando il prodotto pubblicizzato ha poco a che fare con capelli, denti, gambe e seno.
Il messaggio è quasi sempre che, se non si cura il corpo e non si è belle, non si piace, soprattutto agli uomini e, quindi, non si è felici. Persino gli spot che mostrano la donna-manager non mettono in risalto tanto l’intelligenza e le capacità professionali quanto la bellezza di certi attributi che determinano il successo nella vita.
Altri spot puntano sul possesso di beni materiali ( cibi, bevande, oggetti per la casa, detersivi…) per un efficiente svolgimento delle funzioni domestiche, con un messaggio altrettanto chiaro: se non hai il comfort e non sei una buona casalinga, non puoi essere felice.
Ancora oggi, quasi sempre, la pubblicità ripropone vecchi modelli educativi: donne che si limitano a ricoprire il ruolo di mogli, di madri , di casalinghe e di oggetti sessuali.
Non è cambiato molto, dunque, rispetto ad un secolo fa, a parte la forma (slogan, immagini e parecchia ipocrisia). La società sembra offrire possibilità di scelta e libertà, ma in realtà troppe volte, ancora nel XXI secolo, prepara al conformismo.
Enrica Gardiol
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