Lo striscione fucsia srotolato dalla rete Non una di Meno per pubblicizzare la manifestazione dell’8 marzo ha segnato la storia di Alessandria, consacrando il nuovo ponte sul Tanaro a nuovo simbolo della città.
Nonostante le polemiche sull’abbattimento, sui costi e sull’opera in sé, bisogna ammetterlo: il ponte (che non ha ancora un nome, smettiamola di chiamarlo con il nome dell’autore) è stato scelto vox populi per identificare un luogo famigliare, comodo, bello e soprattutto ‘vivibile’. Non è certo una piazza, per carità, ma rispetto agli altri simboli per cui era ricordata Alessandria, ormai non c’è paragone.
Palazzo Rosso con i tre orologi antichi? Bellissimo ed unico, ma oltre ad essere identificato con il luogo del potere e non essere accessibile se non per fare la coda agli sportelli, non ha un bel colorito: la facciata scrostata lo rende triste, nonostante la rande storia in sé. Non parliamo poi della chiesa più antica di S. M. di CAstello, abbandonata per decenni in un grigio parcheggio e mai valorizzata a dovere. Palatium Vetus è stato riscoperto da poco, con il suo Broletto medievale. Ma è stato subito abitato dalla fondazione Cassa di risparmio di Alessandria che ne fa un ottimo uso. Ma sempre un po’ scollato dalla gente comune. Nessuna critica, giusto così. Ma nelle cartoline ingiallite veniva fotografata la stazione, ora deserta, o il palazzo delle Poste con il mosaico di Severini. Bello, quasi messo in sicurezza, ma pur sempre un non luogo.
Il ponte è stato subito attraversato a piedi e in auto, fotografato, usato per spot o selfie romantici. Ha visto il Capodanno e la StrAlessandria. Sarà location per street food e magari proteste e sit in.
Le attiviste forse non lo sanno, ma nello scegliere con quello striscione lungo il fianco hanno ufficialmente consacrato l’arco bianco – che illuminato di notte fa la sua porca figura – a nuovo simbolo di Alessandria. Proiettando la città, se non nel futuro, almeno nel 2017.
g.panaro@lapulceonline.it
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