Due tesi sulla vita dei lupi dell’Ovadese

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Torino – E’ il primo studio sull’etologia e sull’ecologia del lupo in pianura, in un ambiente quindi fortemente antropizzato e frammentato.
E’ quello condotto da due giovani laureandi dell’Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, che hanno dedicato le loro tesi, condotte nell’ambito del progetto LIFE WolfAlps EU, a descrivere le abitudini del primo branco di lupi che si è insediato nella pianura piemontese, per la precisione a sud della città di Alessandria, nei pressi del torrente Orba.
Le ricerche, e il tirocinio che ne è seguito, sono state svolte da Francesca Marras e Fabio Savini, con la supervisione della professoressa Francesca Marucco.
Motivo del loro arrivo in quel territorio è che i giovani lupi si muovono alla ricerca di aree libere e le zone montuose e collinari dell’Alessandrino sono già quasi completamente occupate da altri branchi.
Il lavoro sul campo è durato quattro mesi, da gennaio ad aprile 2021, un periodo di attività intensa durante il quale i ricercatori hanno percorso 867 km e trovato 110 escrementi, fondamentali per la ricerca. Altra fonte di dati sono state cinque fototrappole. Questo ultimo aspetto dell’indagine è stato coordinato dal tecnico faunista e dai guardiaparco dell’Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese, che seguono in modo sistematico il branco dal 2019, fin dai primi indizi della sua presenza, lavoro che continua tuttora all’interno del censimento nazionale lupo, coordinato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA).
Su un piccolo campione di escrementi è stata effettuata l’analisi genetica che ha permesso di identificare tutti i componenti del branco: la coppia riproduttiva, cioè il maschio e la femmina alpha, e quattro figlie femmine ma anche di escludere la presenza di eventuali altri individui.
Tra i risultati più rilevanti l’evidenza che la dieta del lupo, anche in un ambiente altamente antropizzato e influenzato dall’uomo come l’area di studio, è basata, nonostante l’ampia presenza di bestiame nella zona, quasi esclusivamente su animali selvatici e non è dipendente da risorse derivate da attività umane. Questo conferma il comportamento marcatamente selvatico di un branco che pur vive a stretto contatto con l’uomo e conferma il lupo come superpredatore all’interno della catena alimentare anche in ambiente di pianura.
La preda principale è il capriolo seguito, in percentuale, da nutria, lepre e minilepre, piccoli mammiferi abbondanti sulle rive del torrente Orba, che il branco utilizza come riparo e come vie per muoversi velocemente in cerca di prede. Il cinghiale costituisce meno del 10% della dieta, così come la pecora, unico ungulato domestico a comparire tra le principali categorie alimentari riscontrate nella dieta del branco.
L’area di studio ha riguardato un’estensione di 473,9 km2 con differenze di livello molto lievi a nord, mentre nella zona a sud si trovano rilievi collinari segnati dall’andamento del fiume Bormida e del torrente Orba, dove si trova anche la Zona Speciale di Conservazione (ZSC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS) IT1180002 “Torrente Orba”, sito facente parte della Rete Natura 2000. L’uso del suolo è per oltre il 70% occupato da aree policolturali, quasi il 10% da zone urbanizzate e solo il 13% da aree boscate.
Dall’interpretazione dei dati raccolti, rapportati al territorio fisico, emerge un elemento importante: il tessuto urbano è percepito dal lupo come elemento neutro del paesaggio ecologico, infatti non mostra alcuna riluttanza verso luoghi che presentano una percentuale di tessuto urbano elevata. Inoltre, come prevedibile, le zone fluviali con annessa vegetazione ripariale sono percepite dal lupo come idonee o allettanti per la sua vita. Questo risultato si può spiegare con facilità: il lupo utilizza il corso fluviale per diminuire le conseguenze negative della frammentazione dell’habitat indotta dall’uomo usando quei paesaggi naturali anche come fattore di raccordo tra le popolazioni.
I dati di queste ricerche, uniti a quanto presente in bibliografia, sono evidenza dei numerosi vantaggi ottenuti dalle zone ripariali e dai siti della Rete Natura 2000: la popolazione di predatori come il lupo potrà continuare a espandersi senza creare problemi agli esseri umani anche in contesti altamente antropizzati, proprio utilizzando queste aree per lo più considerate marginali.