Abusi negli asili, i morsi si danno solo alle mele

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Picchiati, legati alle sedie, presi a morsi. Non è la sceneggiatura di un film dell’orrore, bensì ciò che è accaduto agli ospiti di una struttura per l’infanzia dedicata ai giovanissimi. Le vittime di questi abusi infatti sono bambini fra i dieci mesi e i due anni, affidati a persone che avrebbero dovuto proteggerli e che invece, ripetutamente, hanno calpestato il loro diritto di essere felici e spensierati nel più brutale dei modi. Sono sempre più frequenti gli episodi di maltrattamenti all’interno degli asili nido, un fenomeno preoccupante di cui si registrano già diversi casi in tutta ltalia. L’ultimo è accaduto pochi giorni fa in un asilo di Milano. Sono stati arrestati il titolare e la coordinatrice dopo che alcune riprese video hanno portato a galla una verità scioccante.

Bambini strattonati e presi a morsi, legati con le cinghie, trattati come nessuno di noi vorrebbe che fosse trattato il proprio figlio, immagini sgradevoli anche per le forze dell’ordine, che dopo averle visionate hanno agito per fermare quello strazio. Di storie così ultimamente se ne sentono troppe, racconti di violenza che lasciano sgomenti, vite rovinate da orchi senza pietà forse nemmeno consapevoli del grave danno che compiono, convinti forse che essere adulti dia il diritto di imporsi sulla forza su chi è ancora bambino.

Le attenzioni amorevoli con cui un genitore cerca di trasmettere il proprio affetto ai figli purtroppo non servono a preservare i piccoli da situazioni come queste, visto che sono gli stessi genitori, ovviamente in buona fede, a consegnare i ragazzini nelle mani di soggetti apparentemente perbene. Così, oltre allo sconforto arriva anche il senso di colpa, la sensazione di aver causato un danno pesante alla propria prole quando l’intento era invece quello di affidarla alle cure di personale amorevole e competente. Alla luce dei fatti, sono risultati in molti ad essere allarmati queste vicende, parecchi quelli favorevoli all’uso delle telecamere all’interno dello strutture, convinti che purtroppo non basti più il mero buonsenso a suggerire come sia sbagliato malmenare un ragazzino, azione che va contro ogni principio di buon senso civile caldamente appoggiato dai più.

Fra polemiche, reazioni di sdegno e stupore, i fautori della “sberla educativa”, quelli che la sostengono anche quando diventa un pugno e rimarcano con fierezza i “bei tempi delle cinghiate” ,ricordando come “di tante botte non sia mai morto nessuno”, iniziano pian piano a nascondersi capendo quanto la loro teoria sia astrusa ma considerandola ugualmente un sistema efficace.

In barba a quei principi di uguaglianza e libertà per cui molti uomini hanno lottato e che si cerca sempre di tramandare con enfasi, dimenticandosene però quando si tratta di educare con la testa e non con le mani. In un mondo in cui la violenza sembra regnare imperante, in cui a subire sono sempre i più deboli, spesso poi condannati per trovare qualche motivo che possa aver scatenato l’ira nei loro confronti, ci si chiede se forse non sia il caso di rivedere qualche valore di base.

Solo spiegando con chiarezza quanto sia importante il rispetto verso il prossimo si aprirà uno scorcio di luce in quel buio che ormai sembra permeare gran parte della realtà, in cui la sofferenza  viene ignorata o derisa, quasi come se dovesse sempre toccare agli altri. Anche quando tale dolore riguarda dei ragazzini così piccoli da non poter nemmeno esprimere il loro disagio di fronte ad un contesto decisamente troppo pesante, che potrebbe anche segnarli in maniera irreparabile.

L’infanzia invece dovrebbe essere quel periodo meraviglioso in cui si temono solo mostri immaginari, draghi che sbucano fuori dal letto soltanto nelle fiabe lette dai nonni, un momento della vita in cui si piange unicamente per il giocattolo che sembra impossibile da avere e che invece è già impacchettato il salotto, pronto per essere sfoggiato davanti agli amici con cui si gioca a pallone.

Serena Muda