Come sopravvivere alla quarantena, ecco qualche consiglio per famiglie

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Sono una psicoterapeuta familiare. Ed anche una mamma. Siamo ormai ai primi di maggio, 15 le regioni in zona gialla, sappiamo che sta proseguendo incalzante la somministrazione dei vaccini, i numeri della pandemia stanno decelerando, anche se alcuni esperti ci ripetono di non abbassare la guardia, che il pericolo esiste ancora… E purtroppo tocca dar loro ragione.

Cosa capita se una scuola, gli insegnanti, i bambini, si trovano costretti a tornare in DAD a causa dell’insorgenza di numerosi casi positivi? Obbligo di isolamento cautelativo e quarantena. Quando tutti noi pensavamo di aver raggiunto il tanto agognato traguardo delle uscite libere, all’aria aperta, con la famiglia, gli amici, al bar, al ristornate, nei parchi, al mare o in montagna, ci ritroviamo a dover gestire i nostri figli dentro le mura domestiche.
Allora come sopravvivere? Come non soccombere all’apatia? Come gestire la situazione nella nostra casa? E con i nostri figli?
Concentriamoci dunque su cosa possiamo fare, più che su ciò che non possiamo fare. A più di un anno dalla prima ondata di coronavirus, psicologi e psicoterapeuti hanno osservato come lockdown, coprifuoco, limitazione della libertà individuale, distanziamento sociale,

abbandono delle routine e delle abitudini, rottura dei rapporti sociali, abbiano generato in ognuno di noi sentimenti di rifiuto, paura, rabbia ed angoscia.
Gli studi ci dicono che sono aumentati in modo preoccupante i disturbi psichici in anziani, adulti, adolescenti e bambini.
Vediamo allora in che modo è possibile intervenire per evitare tali problematiche o nel caso come gestirle.
Innanzitutto se nostro figlio o addirittura l’intero nucleo famigliare è costretto alla quarantena, troviamo il modo di comunicare la verità su ciò che sta accadendo, l’informazione deve essere corretta, scientifica e non allarmante.
Certo, in base all’età del bambino e/o dell’adolescente, dovremo scegliere un linguaggio più o meno semplice, anche in forma ludica, andando alla ricerca delle “giuste parole”.
Il bambino va rispettato, e vanno riconosciute le sue risorse. Evitiamo quindi bugie e cerchiamo di essere chiari ma soprattutto credibili, evitando contraddizioni, nelle parole e nei comportamenti. Il rischio da evitare è che il bambino si senta un “untore”, colui che può “attaccare” ai genitori o ai nonni il virus mortale, mettendoli in pericolo.
Ricordiamo loro quali regole e comportamenti dobbiamo rispettare per evitare di diffonderlo, e poi aiutiamoli ad esprimere i loro dubbi, le loro perplessità, incoraggiando le domande e trovando insieme a loro le risposte più adatte a dare un senso.
Ci stupirà scoprire come nostro figlio possa diventare una risorsa preziosa per l’intera famiglia.

Alcune strategie utili: mantenere una programmazione quotidiana, compiti e lezioni della scuola, studio, gioco. Mantenere orari regolari e routine. Possiamo stabilire insieme alcuni compiti di casa così come la loro suddivisione, per esempio chi prepara la tavola o chi da da mangiare al gatto. Ricordiamo loro che questa condizione è temporanea e dunque presto finirà e si potrà tornare alla normalità. A questo proposito incoraggiamoli a progettare: “cosa vogliamo fare una volta finito l’isolamento?”, raccogliamo le loro idee e proposte.

Attenzione al rispetto delle regole di convivenza se anche gli adulti restano a casa, spazio per flessibilità e creatività a patto che non diventi anarchia (non si può fare tutto ciò che si vuole, tenere punti fermi). Limitare l’uso della televisione e della tecnologia, ma possiamo utilizzarla per fare la video chiamata giornaliera ai nonni o agli amichetti.
Se emerge rifiuto o oppositività, specie nei più grandi, non forzare. Poi, con calma, provare a parlare del disagio provato.
Cercare anche di farli muovere, giocate, perché l’equilibrio emotivo e fisico vanno di pari passo. Possiamo dedicarci ad una mezzora di balli scatenati, la musica ed il movimento attiveranno il buonumore.
Per gli adolescenti poi il discorso si fa più complesso, hanno bisogno di capire e di elaborare ciò che accade loro. Quindi diamo spazio al pensiero critico, confrontiamoci sulle angosce che possono subentrare a seguito della malattia, o della perdita di una persona cara, o del lavoro di un genitore e rinuncia alle relazioni significative.
Ricordiamoci che i ragazzi cercano sostegno e affetto, non solo trasgressione. Nel caso in cui tali semplici strategie non dovessero essere sufficienti ed il genitore dovesse osservare disagi quali ansia, depressione, problemi del comportamento alimentare, alienazione o eccessivo isolamento nell’adolescente, e nei bimbi più piccoli disturbi del sonno, umore altalenante, iperattività e somatizzazioni sarà utile ricorrere al proprio medico di famiglia o allo psicologo.

Per informazioni o approfondimenti puoi scrivermi a: psicologo.saraangeleri.it e visitare il mio
sito www.saraangeleri.it

<strong>Sara Angeleri</strong>
Sara Angeleri

Psicologa Psicoterapeuta, Psicologia del lavoro, Consulenza Psicologica individuale
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