Non chiamatele sagre, ma ristoranti a cielo aperto

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Che fine ha fatto il Bollino Blu di qualità? Non sulle banane, ma sulle… sagre della provincia di Alessandria. Nel 2011 l’ente di Palazzo Ghilini, insieme alle associazioni dei commercianti, all’Unione delle Pro Loco e ad altri soggetti interessati al settore avevano inventato una sorta di logo di riconoscimento per le sagre che si fossero attenute ad un disciplinare di qualità e filiera corta. Una ‘doc’ delle mangiate estive, per premiare e promuovere i prodotti tipici e i territori virtuosi.

Che ne è rimasto nel 2017? Nulla. Con il depotenziamento delle Province e lo spostamento delle competenze – non ultimo con il cambi delle amministrazioni politiche – questo bollino blu è sparito dai radar, così come il sito turistico-gastronomico associato. Ma fin da subito non è che la medaglia al valor gastronomico avesse avuto un grande successo.

Il motivo è principalmente uno: si chiedeva di cucinare con prodotti tipici locali, servire vino del posto, usare piatti biodegradabili. Quanto basta per scoraggiare la maggior parte delle sagre che vengono organizzate durante l’anno, visto che in tante occasioni i prodotti sono più o meno industriali o che con il territorio non ci azzeccano molto.

Vada la tradizione antica del pesce di mare (soprattutto acciughe) che passava i Giovi a dorso di mulo, ma il bufalo, o struzzo o l’asino (allevamenti d’asini in provincia ce ne sono?) fanno tanto folklore e basta. Se poi le patatine da friggere sono comprate all’Esselunga e il vino arriva in barili dal grossista, allora si capisce che il km.0 va a farsi benedire. Quante sono le ‘tipiche sagre della birra’?

190 comuni in provincia, almeno, e sottolineo almeno, due sagre all’anno fanno 380/400 eventi in cui si mangia a cielo aperto. E non sempre con prezzi economici. Solo una manciata di quelli avevano ottenuto la certificazione. Aglio, sedano, mais otto file, rabaton e poche altre erano nel novero.

Il resto sono cene all’aperto che giustamente possono aiutare a finanziare opere pubbliche o migliorie del paese, d’accordo. Ma non chiamatele sagre, per favore, visto che di tradizionale c’è poco. E’ la stessa differenza che passa tra un agriturismo ed un ristorante.

Per le bevande alla frutta c’è una distinzione tra spremuta, succo, bibita al gusto di… in base alla percentuale di nettare nella bottiglia. Si potrebbe fare così anche per le mangiate di paese.