Il Comitato Vitivinicolo Nazionale ha dato il via libera venerdì scorso alla modifica del disciplinare che regola la produzione del Brachetto d’Acqui docg , cioè della versione non dolce del vino e dello spumante a base di uve brachetto.
Un progetto che il Consorzio di Tutela del Brachetto, guidato da Paolo Ricagno, aveva presentato tempo fa e che ora diventa realtà, anche se si dovrà attendere la prossima vendemmia per vedere le prime bottiglie di Brachetto d’Acqui docg dry.
Un progetto che affonda le sue radici nella storia del vitigno e del vino Brachetto. Già agli inizi del ‘900, infatti, alcune testimonianze raccolte nella zona di Strevi, caratterizzata dalla diffusa presenza di piccoli produttori, riportavano la presenza massiccia di una delle produzioni vinicole tradizionali quale quella del Brachetto, ma nella versione “secco”.
Nei paesi dell’Alto Monferrato il Brachetto secco veniva servito fresco insieme ai piatti della tradizione popolare, acciughe al verde, salumi e formaggi. Nonostante a quei tempi le tecniche di pastorizzazione non fossero ancora conosciute e applicate, le piccole Cantine avevano sempre investito nel Brachetto secco, un vino fermo adatto a tutto pasto.
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