La Calabria è il nostro Texas confine con un Messico fatto d’acqua da cui risalgono in gommone i dannati della Terra che fuggono da guerre, fame e carestie e non puoi mica costruirci i muri come gli americani, ci vogliono ponti e braccia di buona volontà. Come quelle del giovane Adria, che salva un migrante dall’annegamento, gli dà una nuova vita e ne riceve in cambio pure lui un’altra, il coraggio per vivere da pastore in Aspromonte, da bambino gentile come suo nonno, uomo di scorza dura e testa alta abituato ” all’altezza delle nuvole” .
Perché la Calabria è già Africa, fine dell’Europa, donne d’Algeri nei loro appartamenti, villaggi berberi abitati da uomini liberi, Imazighen della Locride, beduini anfibi dello Ionio, figli del deserto che il sogno moderno d’Europa manda in un call center a truffare gente per 500 euro, con la sola alternativa dell’abbandono, esuli pure loro in una sponda dello stesso mare.
Ma la Calabria è pure, ancora, sempre Europa , Magna Grecia mediterranea, inizio di una civiltà possibile che parla una lingua antica, il grecanico, che serve a raccontare e scrivere un’altra storia, la propria, quella “dell’ultima magia d’occidente” tra Corrado Alvaro e Ernesto De Martino.
Perché la Calabria è la nostra India, e Gioacchino Criaco(scrittore italo calabrese) il suo Ravi Shankar.
Ci sono molti modi per essere moderni : il futuro, come un suonatore di sitar, a volte intona armonie antiche; ” queste sono situazioni di contrabbando” Messico e nuvole.☁️⛅
Enrica Gardiol
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