La storia degli acquedotti romani

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Il sistema degli acquedotti è un’eredità storica che ha significato una vera e propria rivoluzione nell’ambito dell’ingegneria urbana e ha portato al miglioramento sostanziale della qualità della vita nei centri abitati. Per questa invenzione dobbiamo ringraziare i nostri antenati diretti, i Romani, che fecero della capitale prima e dei territori limitrofi poi, delle civiltà all’avanguardia.

Terme, fontane, bagni, ville e palazzi potevano contare, già due millenni fa, su un complesso sistema di acquedotti che garantiva la fornitura di acqua nelle case e negli spazi pubblici e con cui sono nati concetti moderni, come quello di igiene.

Ancora oggi si possono ammirare alcuni resti degli impianti idrici risalenti all’epoca romana, da vedere assolutamente durante una vacanza alla scoperta della capitale. Con soluzioni di noleggio lungo termine Roma, ad esempio, si possono raggiungere i punti d’interesse del luogo, come i siti archeologici della provincia, godendo della comodità di un’auto privata. Su movenzia.com si trovano diverse offerte, completamente personalizzate, per consentire a tutti di affittare un veicolo moderno, dotato di optional esclusivi e coperto da polizza, con un risparmio sostanzioso.

Quello della realizzazione degli acquedotti è stato, in definitiva, un progetto destinato a svilupparsi nei secoli a venire, che ha gettato le basi per l’odierno sistema fognario e di approvvigionamento idrico.

In questo articolo racconteremo le fasi che condussero alla nascita della rete acquifera romana, per come fu ideata e portata a compimento dai migliaia di lavoratori che presero parte a quest’opera ingegneristica grandiosa.

Le ragioni alla base del progetto

Fin da tempi immemori, le civiltà si sono sempre sviluppate nei pressi di sorgenti d’acqua e le ragioni sono piuttosto ovvie. Per Roma, il fabbisogno veniva soddisfatto principalmente dal Tevere, ma per le dimensioni che la capitale stava assumendo, in virtù della sua importanza culturale, sociale ed economica, la crescita demografica rappresentò un problema.

Come poter soddisfare la crescente necessità di risorse idriche in un così ampio centro abitato e densamente popolato?

Sotto la guida di Plinio il Vecchio, attorno al 97 a.C., l’amministrazione romana diede il via ai lavori per la costruzione di un’opera ingegneristica imponente, con cui Roma avrebbe dimostrato ancora una volta la sua grandezza. La rete si estendeva per 800 km, con condotte e sotterranei posti in luoghi strategici e accessibili per il costante monitoraggio.

Chiaramente, il progetto non fu semplice da realizzare, ma gli ingegneri coinvolti dovettero far fronte a numerose difficoltà.

Le fasi della realizzazione

La prima questione da affrontare fu quella della ricerca di sorgenti dalle caratteristiche adatte alla funzione, ovvero quelle con un flusso continuo, una buona qualità dell’acqua e una pendenza tale da poter arrivare in città. Per i torrenti in superficie, si crearono dei bacini artificiali o delle dighe, mentre per le fonti sotterranee fu necessario servirsi di pozzi.

Gli acquedotti fungevano da punti di raccolta dell’acqua, in cui all’interno di vasche apposite venivano effettuate le operazioni di purificazione. Attraverso le condotte, il flusso idrico passava per la tubatura principale, detta specus, fatta in muratura e calce ed ogni percorso era contrassegnato da un numero.

I tombini, che conosciamo ancora oggi, servivano agli operai per scendere negli impianti del sottosuolo ed effettuare controlli e lavori di manutenzione, essenziali per il buon funzionamento della rete.

I cosiddetti castelli erano i punti in cui l’acqua sgorgava in superficie e poteva essere utilizzata dagli abitanti. Spesso erano ornati con fontane monumentali, a celebrazione della magnificenza dell’Impero nell’ideazione di tale sistema.

Curiosità sugli acquedotti romani

Degli acquedotti che Roma ha visto nascere durante gli anni dell’Impero, il più antico, il primo in assoluto a vedere la luce, fu l’Aqua Appia, del 312 a.C., chiamato così per celebrare la celebre via.

Aqua Marcia, situato nella parte alta della valle dell’Aniene, è famoso per la sua struttura immensa, con archi che si estendono per 9 chilometri; i suoi rami alimentavano le Terme di Caracalla e quelle di Diocleziano.

Aqua Tepula deve il suo nome alla temperatura mite dell’acqua, il cui punto di fuoriuscita si trovava dove oggi c’è il Ministero del Tesoro.

In onore di Augusto, Aqua Iulia è l’acquedotto dedicato all’antica stirpe, a cui si dice appartenesse lo stesso Romolo.

Che uso si fa oggi degli antichi impianti idrici? Gli antichi acquedotti ancora esistenti sono utilizzati principalmente per alimentare le fontane più famose della capitale. Fontana di Trevi, ad esempio, si serve dell’antica condotta Aqua Virgo.