Anche durante le chiusure dovute all’emergenza sanitaria i mercatini di quartiere degli agricoltori, tranne qualche mese di chiusura, sono rimasti attivi e funzionanti nelle consapevolezza della loro importante funzione sociale, economica e relazionale. Infatti c’è un’enorme di differenze tra un mercatino rionale ed un supermercato, ipermercato, o centro commerciale che dir si voglia; la prima, forse la più importante, a detta di molti, è risultata essere la fiducia che viene riposta nel mercante da cui si va solitamente a comprare, cosa che non si può invece riscontrare quando si compra in grosse strutture simbolo ormai della diffusa globalizzazione e spersonalizzazione di un certo tipo di commercio. In più, questi luoghi diventano anche un’occasione per i consumatori per fare acquisti di prodotti di stagione e di qualità legati al proprio territorio, ma non solo : per i tanti produttori agricoli, che praticano la vendita diretta, rappresentano anche un’opportuna boccata di ossigeno.
I mercatini, in una società umanistica, dovrebbero diventare un patrimonio collettivo, luoghi importanti per la vita sociale e culturale dei quartieri, realtà ed eventi da conservare e rilanciare a vantaggio della città .Disseminati nel territorio , oltre ad avere una notevole valenza interrelazionale, potrebbero diventare luoghi centrali per la partecipazione sociale nei quartieri.
E, soprattutto in questo momento di grave crisi delle lunghe filiere di approvvigionamento mondiali, la specificità propria del commercio ambulante, con reti di approvvigionamento corte, dislocate sul territorio prossimo, potrebbero costituire un elemento di garanzia di continuità delle merci e di contenimento dei prezzi.
Enrica Gardiol
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