Atteso l’incontro col Prefetto e poi si spera nel Mise
E’ stato un fulmine a ciel sereno per i cento lavoratori a tempo pieno e i 150 interinali che da un giorno all’altro hanno appreso la chiusura dello stabilimento Pernigotti di Novi Ligure, deciso dalla proprietà turca, ed attuato dagli amministratori delegati che di fatto sono dei meri esecutori. “La storia azienda del gianduiotto è stata definita un ramo secco”, tuona Tiziano Crocco della Uil. In sciopero ad oltranza i lavoratori ora si affidano al Mise e invitano il ministro Luigi Di Maio a venire a Novi per cercare una soluzione che salvi il futuro di centinaia di famiglie.
Negli ultimi anni il dialogo con i turchi sarebbe stato nullo, e la loro gestione aziendale indirizzata esclusivamente alla dismissione di un costo fisso non indifferente: “Abbiamo spesso chiesto confronti con la proprietà”, continua Crocco, “ma gli AD che negli anni si sono succeduti hanno sempre risposto che erano troppo impegnati. Sono stati accorti a pagare puntualmente gli stipendi e a ripianare i debiti senza battere ciglio, ma intanto stavano pianificando il trasloco”. 50 milioni di euro: questa la cifra che in cinque anni la Toksoz Group avrebbe tirato fuori di tasca propria per coprire i buchi di bilancio, una cifra elevatissima senza investimenti (la crema spalmabile era già creata in Anatolia). Da qui il sempre crescente sospetto che sotto sotto si volesse solo il brand italiano. Non si può neppure parlare di delocalizzazione vera e propria: i nuovissimi stabilimenti turchi produrranno barrette e ovetti, preparati per gelati e altri snack.
“Terranno solo gli uffici di rappresentanza a Milano”.
La politica si muove – come spesso accade – in ritardo. “Non abbiamo bandiere politiche”, precisa il sindacalista, “solo quella italiana perché Pernigotti è un patrimonio italiano”.
Altro che imprenditori, per il senatore Federico Fornaro di LeU i turchi sono solo ‘prenditori’: “Ho presentato una interrogazione urgente al Ministero dello
Sviluppo Economico affinché sia aperto al più presto un tavolo di crisi”. La speranza è che si possa tenere il marchio in Italia, anche se Toksoz non sembra intenzionato a mollarlo per poco.
“Con questo meccanismo si impoverisce il nostro territorio – commentano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e il delegato confederale Bruno Rivarossa – La nocciola – concludono Moncalvo e Rivarossa – è uno dei nostri beni più preziosi e una delle maggiori risorse economiche piemontesi, riconosciuta anche all’estero, per cui dobbiamo continuare a difendere il nostro patrimonio agroalimentare che sempre più spesso, purtroppo, viene svenduto oltrepassando i confini nazionali”.
“L’annuncio della chiusura dello stabilimento della Pernigotti Spa di
Novi Ligure è il risultato di una politica sbagliata portata avanti nel tempo. Lo dichiara il senatore Massimo Berutti, che aggiunge: “Meno tasse e più flessibilità per le imprese italiane sono le ricette che Forza Italia propone da tempo per evitare che si creino situazioni come quella prospettata attualmente per la Pernigotti”.
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