Una giornata che avrebbe dovuto combattere la violenza sulle donne si è trasformata in un manifesto di ipocrisia e propaganda. I sindacati CGIL, CISL e UIL hanno organizzato in Piazza Genova l’inaugurazione di una panchina rossa, sventolando il dato del 20% di gap salariale tra uomini e donne. Ma chiunque abbia conoscenza dei contratti nazionali riesce a ben comprendere che questa è una narrativa costruita per distogliere l’attenzione dai veri problemi dei lavoratori. Perché i sindacati, invece di difendere chi guadagna mille euro al mese, si concentrano su calciatrici che già percepiscono stipendi milionari, parlando solo più del “gender pay gap” nello sport e dimenticando lavoratori operai, partite iva, pensionati, uomini o donne che siano?
A Roma, la situazione è degenerata ulteriormente. I collettivi transfemministi e queer (compresi quelli di Alessandria, che hanno organizzato addirittura una trasferta per non perdere l’occasione di dimostrare ai concittadini quanto sia immeritato l’usufrutto dello stabile dato loro in concessione, a spese della collettività, dal connivente sindaco Abbonante ) hanno preso di mira l’associazione ProVita, urlando slogan come “le sedi dei ProVita si chiudono col fuoco, ma con i ProVita dentro, sennò è troppo poco”. Queste frasi rappresentano una vera e propria istigazione all’omicidio, una barbarie che non ha nulla a che fare con il messaggio di una manifestazione contro la violenza. E non è tutto: scritte provocatorie come “Dead men don’t rape” (“Gli uomini morti non stuprano”) mettono in luce un odio palese e deliberato verso gli uomini. La narrazione dominante, però, silenzia chiunque osi criticare queste derive estreme. Se non sei allineato con il pensiero unico, vieni immediatamente emarginato.
Si continua a parlare di diritti civili e di uguaglianza, ma intanto si ignorano i problemi reali: la precarietà lavorativa, i pensionati dimenticati, le partite IVA che lottano ogni giorno per sopravvivere. E non solo. Si minimizza il fatto che il 40% delle violenze sessuali venga commesso dal 9% degli immigrati, una statistica che sale ulteriormente se si includono italiani di seconda generazione o naturalizzati. Questo dato, seppur evidente, viene sistematicamente oscurato perché non si adatta alla narrativa preconfezionata.
Il 25 novembre, che doveva essere una giornata di sensibilizzazione e unità, si è rivelato invece un pretesto per alimentare divisioni e portare avanti agende ideologiche. Una data che, anziché unire, ha finito per avvelenare ulteriormente il clima sociale.
UN 25 NOVEMBRE DA DIMENTICARE: I SINDACATI MENTONO, LE FEMMINISTE ISTIGANO ALL’OMICIDIO
La Pulce nell’Orecchio
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