Salute e burocrazia: il biomonitoraggio a Spinetta tra speranze e dubbi

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In un contesto di crescente preoccupazione per la salute pubblica, l’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, ha annunciato l’imminente avvio della seconda fase del biomonitoraggio a Spinetta, destinato a controllare la presenza di Pfas nel sangue dei cittadini. Questo progetto, che si propone di esaminare circa 8 mila persone e di analizzare 20 tipi di inquinanti, potrebbe rivelarsi cruciale. Tuttavia, l’istituzione di una task force in queste circostanze è un elemento che merita attenzione: in Italia, simili iniziative spesso si trasformano in un modo per dare un’apparenza di azione, piuttosto che per affrontare concretamente le problematiche, lasciando i cittadini con più domande che risposte.

Il monitoraggio si svolgerà in tre fasi, partendo dagli abitanti più vicini al polo chimico, fino a quelli che vivono a una distanza maggiore. “I tempi di conclusione dipenderanno dai risultati iniziali. Non ci vorranno tre anni, ma avremo tre anni per implementarlo”, ha chiarito Riboldi, cercando di rassicurare la popolazione su un impegno serio.

Per facilitare il processo, sarà attivato un ambulatorio mobile per i prelievi volontari, accompagnato da un questionario per raccogliere informazioni utili. Luigi Vercellino, direttore generale di Asl, ha sottolineato che saranno previste modalità di prenotazione per ottimizzare le adesioni, ringraziando la Fondazione Cassa di Risparmio e il Comune di Alessandria per il supporto logistico.

In parallelo, è stata formata una task force di esperti, che avrà il compito di sviluppare un percorso terapeutico per chi risulterà positivo ai Pfas. Questa iniziativa sarà coordinata dallo stesso Riboldi, con la prima riunione fissata per lunedì al Grattacielo della Regione Piemonte. La task force avrà l’obiettivo di delineare un protocollo diagnostico e terapeutico personalizzato.

In sintesi, mentre ci si augura che questa iniziativa porti a risultati tangibili e concreti, è importante rimanere critici e attenti per evitare il rischio che, come spesso è successo, l’istituzione di una commissioni ad hoc si è rivelato un’illusione di progresso piuttosto che l’effettiva soluzione dei problemi e delle preoccupazioni della comunità.