Venduta a Iren l’unico ramo societario vocato a generare utili (Alegas, ammesso che li facesse) al Gruppo Amag resta un altro core business che avremmo (noi utenti e clienti) fatto volentieri a meno: la gestione delle cause e dei problemi societari che si stanno accumulando sui tavoli della holding e di quelli della pletora di consulenti – avvocati, commercialisti, mediatori – pagati profumatamente per evitare di sborsare fior di milioni di soldi pubblici degli alessandrini.
Tramontato il progetto smart city è molto probabile che la società romana che ha vinto la gara e pronta a gestire illuminazione pubblica e cassonetti intelligenti non stia con le mani in mano.
Sembra infatti che sia stata avanzata una richiesta informale di svariati milioni di euro di penale. Amag – come si legge da una delibera di giunta – avrebbe quantificato la mancata attivazione del progetto da 30 milioni in 4/500 mila euro. Sempre soldi dei soci pubblici. Quindi nostri.
Sulla vicenda sembra sia stato chiamato un mediatore di fiducia per chiudere con un accordo che non sia un bagno di sangue: affidare a Green Wolf solo la partita dell’illuminazione, chiedendo di rinunciare a trovare soddisfazione in tribunale. Si tamponerebbero i risarcimenti.
Amag Ambiente resterebbe fuori dall’esternalizzazione, così da poter essere gestita ed eventualmente ceduta in un secondo momento. Radio Palazzo Rosso dà la notizia che lo stesso mediatore verrebbe ripagato per il disturbo con un incarico in Amag Ambiente…
Acqua da tutte le parti
Non solo nei bilanci: gli avvocati pagati da Amag sarebbero al lavoro sul fronte giuslavoristico dopo aver cacciato l’amministratore unico di Reti Idriche, Paolo Ronchetti che più volte aveva lamentato l’antieconomicità della smart city e della società in generale. Conclusione a cui peraltro sono giunti anche in Comune, senza dargli il merito di aver tentato di risanare RI. Perché sostituirlo, allora? In ogni caso Amag gli aveva contestato un danno, per la verità mai quantificato. D’altro canto Ronchetti potrebbe rispondere con una controdenuncia quantificata con tanti zeri, proprio per il danno d’immagine e per l’ingiusta defenestrazione.
Ancora sull’acqua
Il lavoro per gli avvocati non è finito qui: con Gestione Acqua spa (acquedotti novesi e tortonesi, in cui il Gruppo Iren è socio) avrebbe preteso una bella cifra milionaria per perequazioni sugli investimenti e migliorie della rete, a titolo di compensazione verso Amag, che ha risposto con una controdenuncia per dimostrare che il valore degli stessi non fosse infondo granché. Altre consulenze, altri soldi, altri rischi di risarcimenti.
Contratti di servizio
Reti Idriche e Alegas/Iren avrebbero con la Capogruppo dei contratti di servizio molto generici e non meglio specificati che impone loro di pagare alla capogruppo vari milioni di euro all’anno, per la sede, le infrastrutture, servizi amministrativi, varie ed eventuali. Alegas/Iren avrebbe smesso di pagare per il 2023, adducendo la motivazione più semplice: un milione e mezzo per i servizi che Amag fornirebbe, sono una pretesa assurda.
Altre mediazioni – molto politiche – altre spese, altri consulenti. Ci sarebbe una trattativa in corso, dicono dai corridoi, in attesa che Alegas/Iren riapra i rubinetti, perché quei contratti sarebbero infondo ‘inattaccabili’.
Paiono tutte strategie per destabilizzare, mettere in difficoltà, non far lavorare serenamente. E ci starebbero riuscendo.
In conclusione, Amag sommersa di carte bollate su più fronti potrebbe dover sborsare nei prossimi anni molti milioni in totale, derivanti da una gestione manageriale evidentemente non impeccabile.
Cause e problemi legali sono all’ordine del giorno in società così grandi? Può darsi, ma si sarebbero forse potute evitare, concentrando gli sforzi in business più redditizi, riduzione delle spese, attività collaterali meno di facciata e più di sostanza. Magari nel recupero dei crediti milionari di chi negli anni non ha pagato le bollette?
Siamo sicuri che i 28 milioni di crediti a bilancio siano tutti esigibili, o qualcuno sia già caduto in prescrizione, quindi perso? E di chi è la colpa?
Consorzio Amag Servizi
Il Consorzio nato ‘a tempo’ per gestire la smart city ed eventualmente altri progetti, resta una scatola vuota costosissima, che stacca bonifici ai super consulenti della smart city. Altre spese nell’ordine di centinaia di migliaia di euro, quando all’inizio della sua breve vita di costi non ne aveva.
I retroscena
A conti fatti, una holding così indebitata e con una gestione che deve pensare più alle carte bollate che alle bollette, non si sa come stia ancora in piedi.
Da più parti a Palazzo Rosso sarebbero arrivate indicazioni di vendere tutto. Con una gara pubblica, naturalmente.
Iren che ha già un piede nella società e uno ‘screzio’ milionario su cui far leva, un altro nell’ex Acos e uno in Egea (socia nel teleriscaldamento alessandrino), potrebbe essere interessata a tutto il gruppo, per coprire il risiko acqua e gas di tutto il Basso Piemonte.
Ma altre multinazionali potrebbero inserirsi nell’eventuale svendita della holding o di uno spezzatino della medesima.
Tutte sulla riva del fiume (Tanaro) ad attendere che passi il cadavere dell’Amag.∎
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