Quando la Fede diventa una trappola

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Riconoscere un manipolatore in ambito religioso è un esercizio più difficile di quanto si creda, perché spesso la maschera indossata da questi leader carismatici è quella della guida spirituale, del fratello o della sorella amorevole, del pastore che promette risposte semplici a domande complesse; eppure dietro quel sorriso rassicurante si nasconde talvolta un meccanismo ben rodato fatto di seduzione psicologica, narcisismo e controllo emotivo, come mostrano recenti inchieste e testimonianze che raccontano di persone risucchiate in comunità dove la libertà individuale viene lentamente erosa.

Il primo strumento del manipolatore è la parola trasformata in arma: versetti antichi reinterpretati a piacere per legittimare autorità assoluta, per convincere che “obbedire è un atto di fede”, che “chi semina nel tempio raccoglierà in abbondanza”, o peggio ancora per far credere che rifiutare cure mediche sia necessario per non peccare contro Dio, perché la vera guarigione arriverebbe solo tramite l’imposizione delle mani del leader stesso.

E così frasi bibliche prese qua e là diventano cavalli di battaglia per giustificare terapie negate, interventi rimandati, malattie ignorate, con il risultato tragico di persone che hanno visto peggiorare la propria condizione mentre venivano rassicurate che “il miracolo è vicino” o che “la malattia è un demone che verrà scacciato”.

Ma come si arriva a questo punto? “Come ci si casca in queste situazioni? Perché proprio io?” è la domanda che sorge spontanea. La risposta, quasi sempre, è che nessuno pensa di essere vulnerabile: ci si entra per bisogno di appartenenza, per un momento di fragilità, per la promessa di una famiglia spirituale capace di guarire corpo e anima, e si resta intrappolati perché il manipolatore è abilissimo nel creare dipendenza affettiva e spirituale, nel farsi percepire come intermediario esclusivo del divino.

È qui che spesso interviene il cosiddetto love bombing: una tecnica di manipolazione che consiste nel sommergere la persona di attenzioni, affetto e lodi eccessive per farla sentire “scelta” e indispensabile al gruppo. Un’ondata emotiva che non ha nulla di autentico, ma serve a creare un legame rapido e artificiale, rendendo più difficile ogni dubbio futuro.

E quando il controllo si rafforza, ecco comparire gli eventi di presunte guarigioni, dove folle entusiaste assistono a miracoli annunciati con grandiosità, dove chi cammina dopo anni di sedia a rotelle spesso il giorno dopo torna a zoppicare lontano dagli occhi del gruppo, dove talvolta — come raccontano alcuni ex membri — “cade dal cielo” una misteriosa polvere d’oro che scintilla sulle mani dei fedeli mentre le luci si abbassano al momento opportuno. Trucchi? Suggestione di massa? O semplicemente un inganno studiato per rafforzare la credibilità del guru? Domande che molti non riescono più a porsi una volta dentro il circuito, perché il manipolatore sa mescolare abilmente emozione e colpa, fede e paura, promessa e minaccia.

In questo sistema chiuso anche ruoli nuovi e mai previsti dalle scritture antiche trovano spazio, come alcune “donne pastore” moderne che rivendicano una legittimazione teologica difficile da riscontrare nei testi originali ma estremamente utile per consolidare il proprio dominio spirituale sul gruppo.

Sono dinamiche raccontate in modo velato, ma purtroppo più diffuse di quanto sembri: piccole comunità dove il leader osserva, punisce, assolve e trattiene; dove l’individuo si dissolve nel “noi”, dove i dubbi vengono bollati come tentazioni, e dove le sofferenze fisiche diventano terreno fertile per miracoli che non avvengono mai davvero ma che tengono in piedi la fede cieca nel “prescelto”.

È per questo che parlarne è fondamentale: perché più luce si getta su queste manipolazioni, più possibilità avranno le vittime di riconoscersi tali, di liberarsi dal giogo della colpa e di trovare il coraggio di raccontare ciò che hanno vissuto, magari un giorno davanti a una telecamera che protegge il volto ma non la verità.

Fabio BOLDRIN
Sara BORGOGLIO


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