Un campo profughi ad Alessandria?

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Alessandria – Dietro al retail park di via Piave, a pochi passi dal deposito di smistamento merci Amazon, si apre una scena che già in passato avevamo documentato e che oggi si ripresenta in tutta la sua crudezza: un’area trasformata in un insediamento di fortuna, segnalatoci da alcuni vicini residenti come frequentato da persone rom, immerso in un contesto di rifiuti, baraccopoli improvvisate e condizioni igieniche limite.
Una discarica a cielo aperto fa da ingresso a quella che appare come una vera e propria buca abitata: carrelli della spesa, sacchi di immondizia, bottiglie, valigie aperte, pentole annerite dal fuoco, tentativi rudimentali di cucine improvvisate, vaschette di alimenti e un solco scavato nel terreno per far scorrere l’acqua testimoniano una quotidianità fragile e precaria.
Poco più avanti, alcune capanne costruite con materiali di fortuna mostrano tubi di stufe artigianali e lettini vuoti, insieme a stoviglie, avanzi di cibo, frutta sparsa e zaini che fanno temere anche la possibile presenza di minori.
L’odore acre, il terreno scivoloso, i camini improvvisati e l’accumulo disordinato di oggetti compongono un quadro di rischio igienico-sanitario evidente, che riporta alla luce una criticità già documentata più di un anno fa e che nel frattempo sembra essersi ingigantita.
Senza pretese di analisi sociologiche né intenzioni politiche, la segnalazione restituisce l’immagine di un’Italia – e non soltanto di Alessandria – in cui zone d’ombra di profondo disagio continuano a esistere ai margini dei quartieri Galimberti ed Europa, lontano dagli occhi ma non dalle responsabilità di chi dovrebbe occuparsene: una realtà che qualcuno deve vedere, conoscere e finalmente affrontare.

Fabio BOLDRIN


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