Una passeggiata nel cuore di Alessandria si trasforma in un viaggio malinconico tra saracinesche abbassate, vetrine coperte di giornali e cartelli “vendesi” o “affittasi” che si ripetono come un ritornello.
In Largo Vicenza e lungo via Alessandro III°, a pochi passi da piazza della Lega, le attività chiuse sembrano superare quelle ancora aperte.
Panetterie, botteghe, negozi di abbigliamento e ristoranti: molti hanno abbassato la serranda per sempre, lasciando dietro di sé insegne sbiadite e locali vuoti.
Solo poche realtà resistono — un bar, una macelleria halal, un barbiere turco, un ristorante in ristrutturazione — ma la sensazione generale è quella di una città che fatica a rialzarsi.
Le vetrine oscurate, i vetri impolverati e i pannelli che coprono antichi ingressi testimoniano un lento declino commerciale che colpisce il centro storico, un tempo cuore pulsante della vita cittadina.
«Questa è la fotografia dei nostri tempi disgraziati», commenta il reporter Marcello, sottolineando come il commercio locale stia scomparendo sotto il peso di crisi economica, affitti insostenibili e abitudini di consumo sempre più digitali.
In pochi minuti di cammino si attraversa un deserto urbano che racconta più di mille dati statistici: Alessandria, come tante altre città italiane, sembra aver perso la sua vitalità quotidiana, sostituita da un silenzio che risuona dietro le serrande chiuse.
Vanni CENETTA
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