Parla il primario che ‘sfida’ la versione ufficiale sull’epidemia
In un’intervista esclusiva trasmessa da “Svegliati Alessandria” e “La Pulce nell’ Orecchio”, l’ex primario di infettivologia dell’ospedale di Novara – Luigi Garavelli – rompe il muro di silenzio e conformismo che ha dominato la narrazione ufficiale della pandemia: cure precoci, gestione dei decessi, mancate autopsie, effetti avversi dei vaccini e silenzio sull’efficacia del plasma iperimmune.
“Le cure precoci potevano salvare vite”, ha dichiarato senza mezzi termini, ricordando l’esperienza piemontese del progetto ‘Covid a Casa’ che ridusse del 30% ricoveri e mortalità ma fu inspiegabilmente interrotto.
Denuncia l’accanimento mediatico e scientifico contro farmaci come l’idrossiclorochina e il plasma, che secondo studi postumi si rivelarono efficaci, ma furono “killerizzati” per sostenere la narrazione secondo cui il vaccino era l’unica via.
Sulla confusione tra morti “per” e “con” Covid, chiarisce che si trattò di un problema amministrativo, con codifiche errate che gonfiarono i numeri e influenzarono decisioni legislative e per assecondare la narrazione dell’epidemia inarrestabile e incurabile se non solo con il cosiddetto vaccino.
Sulle autopsie, smonta la retorica: “non c’erano strutture idonee, solo Roma e Milano potevano farle in sicurezza”, afferma, sottolineando che i dati patologici erano già noti dai cinesi sin dai primi mesi.
Infine, attacca frontalmente l’approccio vaccinale di massa: “impossibile bloccare un virus a RNA mutevole con un vaccino stabile”, ribadendo il principio di pressione selettiva che rende inefficaci nel tempo le immunizzazioni.
E rincara: “abbiamo rinunciato a cure efficaci perché non le producevamo, India e Brasile hanno curato la propria gente prima, noi siamo rimasti senza farmaci e con un’unica opzione: la puntura”.
Una voce autorevole che, con coraggio e amarezza, riapre un dibattito mai davvero affrontato, ponendo interrogativi inquietanti su scelte che hanno segnato milioni di vite.
Vanni CENETT
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