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Uno dei problemi più pressanti che poteva essere pronosticato, in attesa di questa cosiddetta seconda ondata (ma anche di quelle successive), era sicuramente la possibile crisi ospedaliera con il crescente nuovo numero di pazienti che si sarebbero riversati sulle relative strutture. L’eccessiva pressione sugli ospedali, rimasti identici nella loro organizzazione, struttura e logistica rispetto alle condizioni della scorsa primavera, ha aggiunto ulteriori gravi problemi alla generale e ormai cronica crisi sanitaria italiana.
Nessuna struttura aggiuntiva infatti è stata attivata se non nei casi noti degli ospedali della fiera Milano e quella di Bergamo, per il resto del paese tutto è rimasto identico a prima.
La realizzazione di nuove strutture come l’ospedale aggiuntivo della fiera di Milano, avrebbe potuto essere una soluzione per tutta Italia al fine di evitare la prevedibile crisi ospedaliera nelle dimensioni che ci dicono si stia verificando oggi più o meno in tutti gli ospedali d’Italia.
Questa soluzione ha il suo assunto nel fatto che gli ammalati Covid non debbano arrivare all’ospedale, se non nei casi molto gravi.
Bisogna cercare il più possibile di curare a casa i malati, oppure in mancanza di ospedali aggiuntivi tipo Wuhan o fiera Milano, in alberghi Covid o in strutture separate dai nosocomi. La soluzione di una struttura aggiuntiva all’ospedale potrebbe essere prescelta proprio per gli innumerevoli vantaggi che offrirebbe di fronte ad una patologia ripetitiva rivolta all’ammalato non gestibile a casa. Inoltre il personale sanitario potrebbe essere decisamente più ridotto e utilizzato più razionalmente rispetto all’equivalente ospedaliero. Tutto ciò lo si può fare semplicemente in un albergo/struttura nelle vicinanze dove convogliare e raccogliere i malati Covid con le stesse casistiche patologiche.
Con questa diversa articolazione dell’intervento sul territorio si sgraverebbero sicuramente i pronto soccorso degli ospedali intasati e al collasso: insomma bisognerebbe agire come si fa quando si aspetta la piena di un fiume: predisporre delle casse di espansione dove il fiume può scaricare la sua forza senza danneggiare strutture e il territorio. In questo caso le casse di espansione dovrebbero essere proprio queste strutture apposite/alberghi covid in grado di assorbire questa ondata, lasciando intatta la struttura ospedaliera la quale continuerebbe a lavorare nella sua ordinarietà e nella cura delle patologie ricorrenti o con gli interventi programmati di terapia e di cura per i cittadini del territorio. Non è possibile continuare a trasformare gli ospedali in strutture Covid o snaturare la destinazione dei propri reparti e destinando oggettivamente sempre meno risorse ai pazienti ordinari, allungando nel tempo le terapie, gli interventi, le visite e le cure che sono essenziali per il mantenimento della salute della popolazione del territorio.
Si tenga anche conto che ogni giorno in Italia muoiono 1800 persone di patologie diverse dal Covid e dunque la necessità di questi altri pazienti di avere la certezza di essere curati in modo puntuale e corretto.
La razionalità di questa nuova organizzazione territoriale è quella di concepire un progetto dove il malato Covid deve essere separato e curato in sede specifiche per non intralciare e ostacolare l’ordinaria funzionalità di un ospedale territoriale che deve servire migliaia e migliaia di abitanti di un territorio. Occorre predisporre strutture mobili, modello protezione civile ospedaliera, in grado di essere montate e smontate al bisogno e in poco tempo. In questo modo si potrebbe affrontare ragionevolmente qualunque futura ondata epidemica dovesse colpire l’Italia.
Questo modello di sanità territoriale decentrata , integrata da unità mobili in grado di intervenire nelle abitazioni dei pazienti con un vero protocollo terapeutico nazionale domiciliare (che adesso manca), potrebbe essere la chiave vincente per gestire le future ondate pandemiche che dovessero colpire il nostro paese e impedire nuovi e disastrosi lockdown.
Luigi Manzini
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