Si sono ritrovati in 150, tra ristoratori, baristi e lavoratori della filiera dei pubblici esercizi, nel rispetto delle prescrizioni anti-contagio, ad Alessandria, in piazza della Libertà, in una protesta ordinata e silenziosa quanto determinata per la drammatica situazione che mette a rischio il futuro di 3.000 imprese in provincia: questa è stata, in sintesi, la manifestazione “#SIAMOATERRA”, che si è svolta oggi, mercoledì 28 ottobre, organizzata sul territorio da Fipe Confcommercio Alessandria ed in contemporanea in altre 23 città d’Italia.
La manifestazione ha osservato diversi minuti di silenzio, interrotti da due momenti simbolici molto forti: l’esecuzione dell’Inno del Silenzio e dell’Inno di Mameli a chiusura della manifestazione, terminata la quale una delegazione composta dal Presidente Confcommercio Alessandria Vittorio Ferrari e dal Presidente Silb Fipe Enzo Patitucci è stata ricevuta dal Prefetto Iginio Olita per evidenziare le forti criticità del settore e le richieste degli imprenditori al Governo.
“Il rigore e la disciplina con cui si è svolta la manifestazione – dichiarano il Presidente ed il Direttore Ascom Confcommercio della Provincia di Alessandria Vittorio Ferrari ed Alice Pedrazzi – sono la dimostrazione che i nostri imprenditori sono capaci di rispettare le regole e agire in sicurezza, esattamente come fanno ogni giorno nei propri locali, in maniera ancora più stringente da quando la pandemia da Coronavirus è iniziata. Oggi abbiamo voluto far sentire la voce degli imprenditori per ribadire l’enorme valore economico, sociale ed antropologico delle loro attività e chiarire una volta per tutte che non esiste evidenza scientifica di una connessione tra la frequentazione dei Pubblici Esercizi e la diffusione dei contagi”.
Se non accompagnate da aiuti concreti e immediati, le ulteriori restrizioni contenute nell’ultimo DPCM rischiano di essere il colpo di grazia per il settore dei pubblici esercizi, già tra i più colpiti dalla spaventosa crisi generata dalla pandemia. Infatti, secondo le stime, a fine anno il comparto rischia di perdere, a livello nazionale, 50.000 aziende con ben 300.000 posti di lavoro in bilico.
“Noi oggi siamo a terra ma non ci arrendiamo – sottolinea il Presidente della Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani -. Prima della pandemia davamo da mangiare a oltre 11 milioni di persone ogni giorno e vogliamo continuare a farlo. Oggi ci viene chiesto di sospendere la nostra attività per senso di responsabilità e per contribuire a ridurre l’impennata dei contagi. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, pur sapendo che i nostri locali sono sicuri. Lo sappiamo perché lo dicono i dati e lo sappiamo perché nei mesi scorsi abbiamo investito tempo, risorse ed energie per renderli sicuri. Non siamo untori e rivendichiamo il diritto di lavorare”.
“Il Decreto Ristori approvato dal Governo – prosegue Stoppani – è un primo importante segnale che va apprezzato, ma dopo decine di provvedimenti che hanno avuto problemi a diventare realmente operativi, penso ad esempio ai ritardi della cassa integrazione, il fattore tempo è essenziale per recuperare un po’ di fiducia nelle istituzioni. Se le risorse promesse non arriveranno sui conti correnti degli imprenditori entro i primi giorni di novembre, il Paese perderà una componente essenziale dell’agroalimentare e dell’offerta turistica che da sempre ci rendono unici al mondo”.
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