Un nuovo accordo tra un ospedale milanese e un paziente non vaccinato ha segnato una svolta nel dibattito sulle trasfusioni di sangue in epoca post-pandemia.
Grazie alla mediazione dell’Associazione Arbitrium Pronto Soccorso Giuridico, il paziente ha ottenuto il diritto di ricevere sacche di sangue da donatori compatibili non vaccinati contro il Covid-19, aprendo un importante precedente nella tutela dell’autodeterminazione sanitaria.
Negli ultimi tempi, la comunità medica e l’opinione pubblica hanno discusso animatamente sull’opportunità di utilizzare sangue di donatori vaccinati. Nonostante le rassicurazioni degli esperti sulla sicurezza delle donazioni, alcuni pazienti temono che la spike proteica del vaccino possa essere presente nel sangue donato, con possibili effetti sulla salute.
Il paziente milanese, in attesa di un intervento chirurgico salvavita, ha quindi chiesto di ricevere sangue non contaminato dalla proteina spike vaccinale.
L’Associazione Arbitrium, con un team legale guidato da Valeria Panetta e Manola Bozzelli, ha negoziato con il Policlinico di Milano per ottenere l’autorizzazione alla donazione dedicata.
Dopo aver valutato e scartato la possibilità della donazione autologa, Arbitrium ha ottenuto il via libera per raccogliere sangue da donatori specifici.
Una rete di solidarietà ha mobilitato numerosi volontari, anche dalla Svizzera, pronti a donare sangue compatibile.
L’operazione chirurgica, svoltasi il 20 giugno, si è conclusa senza necessità di trasfusioni, ma il principio stabilito è di grande importanza.
Secondo l’avvocato Bozzelli, questo accordo rappresenta un “precedente importantissimo” che potrebbe influenzare future richieste simili.
Il dottor Mauro Mantovan ha sottolineato la rilevanza del caso, confermando che la proteina spike è una tossina e che il dibattito va oltre la semplice dicotomia vaccinato/non vaccinato.
La collaborazione tra paziente e ospedale dimostra che, in assenza di ostacoli scientifici o morali, è possibile rispettare le scelte individuali in materia sanitaria.
Il risultato di Arbitrium PSG si basa sulla tutela del diritto all’autodeterminazione, sostenuto anche da evidenze scientifiche.
La vicenda milanese non solo fisserebbe un nuovo standard di libertà nel campo delle trasfusioni, ma richiamerebbe anche l’attenzione sull’importanza del rispetto reciproco tra medico e paziente.
La speranza è che questo caso apra la strada a un dialogo più aperto e rispettoso delle scelte individuali, in linea con i principi sanciti dall’articolo 32 della Costituzione.
Fabio Boldrin