I paradossi della politica: un sindaco di minoranza

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Domenica 26 giugno si è svolto il secondo turno( ballottaggio) delle elezioni comunali di Alessandria e l’esito di questa tornata elettorale è stato favorevole al candidato della sinistra Abonante.

Può essere interessante però ragionare sui numeri e sulle percentuali elettorali che emergono da questo turno di ballottaggio:

  • su 73.675 aventi diritto al voto (elettori alessandrini) l’affluenza alle urne è stata del 37,13%.
  • Di questo 37,13% di votanti il 54,41% è andato ad Abonante e il 45,59% è stato di appannaggio di Cuttica di Revigliasco.
  • Traducendo le percentuali in dati numerici si osservano i seguenti risultati : si sono recati alle urne 27.355 cittadini/elettori, di questi 14.884 hanno votato Abonante e 12.471 hanno espresso la preferenza votando per il sindaco uscente. La differenza è stata di soli 2.413 voti.

Per completezza però in questo quadro sarebbe interessante evidenziare anche le schede nulle o bianche e tutto ciò avrebbe potuto rendere il risultato ancora più critico in termini di reale partecipazione politica dei cittadini alessandrini.

Di fronte a questi dati la domanda che ci si pone potrebbe essere questa:

quanto è integra una democrazia in cui la maggior parte dei cittadini non si reca a votare? Poco si dovrebbe dire perché è una contraddizione in termini. Se il popolo è chiamato a scegliere i propri rappresentanti ma non li vuole votare si crea un evidente corto circuito. Ed è quello che è accaduto il 26 giugno ad Alessandria dove la vittoria del candidato del PD è stata inquinata dal forte astensionismo che si è manifestato durante la tornata elettorale.

Tra gli aventi diritto infatti soltanto il 37,13% si è presentato alle urne mentre quasi 7 persone su dieci sono rimaste a casa. Sul piano giuridico non cambia assolutamente niente perché anche una sola scheda può far vincere la competizione, non essendo previsto alcun numero legale per la sua validità. Il problema è però di evidente natura politica e sociale. E questo fa la differenza. Perché l’assenza delle urne non necessariamente è sinonimo di disinteresse o di mancanza di senso civico, ma larga parte dei cittadini non votano per protesta. Non si sentono rappresentati da nessuna delle offerte politiche in campo e riflettono la propria delusione boicottando le urne.

Da tutto ciò un dato però è certo: il partito dell’astensione è il primo partito di Alessandria.

Una possibile conseguenza è il rischio di un rapporto distorto con la rappresentatività intesa come rapporto tra eletto ed elettore che indubbiamente, nel caso di un forte astensionismo, subisce un drastico ridimensionamento. In pratica, per ritornare alla elezione del sindaco Abonante, quasi il 63% degli alessandrini si è auto-escluso dal dibattito politico riguardante la futura amministrazione della città.

Paradossalmente e di conseguenza si potrebbe argomentare che l’attuale sindaco è un sindaco espresso dalla minoranza degli elettori alessandrini perché la maggior parte degli aventi diritto al voto non si è recata alle urne.

Ma per le regole della competizione democratica tutto ciò rientra nella legittimità delle cose.

In conclusione: il problema è come recuperare la rabbia della delusione che ha portato all’astensionismo di protesta quando non ci si riconosce nell’offerta politica ?

La risposta non è semplice. Sembra emergere nel cittadino astenuto proprio una voglia di dibattito che è sinonimo di voglia di una nuova offerta politica ch

in grado di cambiare lo stato delle cose. Insomma per invertire la protesta contro la politica serve una politica vera, una politica diversa dall’attuale che sembra guardare più al proprio interesse che all’interesse collettivo e al bene comune .

Certamente sarebbe stato utile se il legislatore costituzionale avesse determinato, come per i referendum, un quorum per stabilire la validità di una votazione . Molto probabilmente l’impegno dei nostri politici sarebbe stato più attento e più orientato al bene comune e agli interessi dei cittadini.

Enrica Gardiol