2020: crollo dei salari in Italia

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In Italia si è registrato un crollo massiccio dei salari nel 2020 legato sia al sorgere della pandemia ma anche ad altri fattori: alcuni endemici, che si trascinano dal 1990, altri di carattere politico che potrebbero essere riconducibili a più variabili politico/finanziarie.

Sicuramente è più pesante rispetto al calo medio nei paesi dell’Unione (intorno al 2,4%) mentre in Italia è del 5,8% e con 5mln di lavoratori con salari sotto i 10mila euro annui : sono tra i dati del rapporto della CGIL – Fondazione Di Vittorio – reso noto oggi in occasione del convegno “Salari ed occupazione in Italia”

La percentuale di part-time involontario in Italia è la più alta a livello europeo: nel 2020 è pari al 66,2% sul totale degli occupati a tempo parziale contro il 24,7% dell’Eurozona.

Ad alleggerire la drammatica situazione sono stati utili gli ammortizzatori e il blocco licenziamenti decisi dal Governo.

Il ricorso alla cassa ed alla solidarietà ha tuttavia più che dimezzato la riduzione del salario medio annuale, che così “integrato”si è fermata a 726 euro in meno (-2,4%).

Durante la presentazione del Rapporto è stato inoltre ricordato come il tasso di disoccupazione “sostanziale” – calcolato dalla Fondazione Di Vittorio – nel 2020 sarebbe pari al 14,5%(rispetto al 9,2% del tasso di disoccupazione ufficiale), tasso che corrisponde secondo le stime del sindacato a quasi 4 milioni di disoccupati comprensivo di coloro che “sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano perché sono scoraggiati, oppure di chi è in attesa di riprendere l’attività. ” Il gap con gli altri paesi europei pone l’Italia all’ultimo posto anche perché i salari medi rispetto al 1990 sono rimasti uguali o addirittura diminuiti.

La Germania – al netto delle manovre di sostegno fatte – il livello di disoccupazione cala solo del – 0,7%, la Spagna ha impegnato in tutele del lavoro nel 2020 ben 15 miliardi “una cifra molto simile alla nostra”, ma è necessario ricordare che nel 2019 secondo i dati Ocse – “l’Italia era l’unico paese tra i maggiori dell’Eurozona che non aveva ancora recuperato il livello salariale precedente alla crisi del 2008 : nel 2019 il salario medio italiano era inferiore di 9 mila euro rispetto a quello francese, e di oltre 12mila rispetto a quello tedesco. Riferendosi poi ai fondi del PNNR il presidente della fondazione Di Vittorio- CGIL Fulvio Fammoni ha affermato:

“Se davvero si punta ad uno sviluppo duraturo il problema non può essere semplicemente un utilizzo totale e tempestivo delle risorse a disposizione, ma come questa situazione straordinariamente favorevole per la quantità di risorse risolva o meno questi problemi strutturali( quantità e qualità dell’occupazione)“. La questione resta sempre quella di vedere dove la politica industriale di questo governo voglia portare il nostro paese. Molti sostengono che Draghi punti alla deindustrializzazione del nostro Paese con la ripresa della vendita di asset industriali in mani straniere, a differenza di quanto invece fanno Francia e Germania che mettono al primo posto gli interessi politico/strategici nazionali attraverso anche nazionalizzazioni: esattamente il contrario di quello che fa l’Italia. Tutto ciò ci lascia perplessi anche se in una situazione così non ancora ben definita e con in atto un cambiamento così radicale dei parametri sociali,politici ed economici appare comunque difficile fare qualsiasi previsioni per il futuro.

Enrica Gardiol