Valenza riscopre un suo gioiello: il duomo. Restauro e festa per san Massimo

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Fede, tradizione, storia e innovazione. Domenica prossima per tutta la città di Valenza inizia un cammino di riscoperta e valorizzazione della propria identità storico-religiosa. A dare il via a questo percorso, che durerà quattro anni, sarà la celebrazione del Patrono e fondatore della città, San Massimo.

La parrocchia di Santa Maria Maggiore, per tutti semplicemente “il Duomo di Valenza”, domenica 27 gennaio si animerà a festa con la celebrazione eucaristica delle ore 10 presieduta dal cardinal Giuseppe Versaldi, già vescovo di Alessandria dal 2007 al 2011 e prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica. Preceduta dalla tradizionale cerimonia dei “Ceri fioriti”, questa Messa rappresenta l’inizio dei festeggiamenti per i 400 anni dell’attuale Duomo. Nel 1619, infatti, in un periodo di assedi e avvicendamenti di dominazioni, veniva posata la prima pietra dell’attuale edificio sulle fondamenta del precedente Duomo di origine gotica. Poi, nel 1623 la Chiesa veniva consacrata a Santa Maria Maggiore, sottolineando il legame con l’omonima Chiesa romana.

«Ogni comunità locale comprende l’importanza della sua chiesa madre poiché rappresenta la lunga radice del suo percorso sociale, espressivo di quei grandi valori cristiani che hanno saputo animare una storia di civiltà e civica solidarietà, ancora adesso tipica della nostra realtà nazionale» spiega monsignor Massimo Marasini, prevosto del Duomo e promotore del progetto di valorizzazione artistica del complesso monumentale della parrocchia di Santa Maria Maggiore. «Valenza ha il Duomo: è perciò a tutti gli effetti una città, che giustamente deve essere fiera della sua lunga storia che nasce dalla cura pastorale del Vescovo San Massimo agli albori dell’evo cristiano» conclude monsignor Marasini.

Sarà così l’inizio di un quadriennio di eventi e d’impegno per valorizzare questo bene artistico che è stato testimone delle vite e delle storie dei valenzani. Il restauro dell’intero impianto monumentale vedrà l’impiego di moderne tecnologie capaci di leggere le varie stratificazioni storiche che caratterizzano la quasi totalità dei monumenti presenti in Italia. Tutto questo non sarebbe possibile senza un intenso lavoro di rete con le istituzioni e le realtà del territorio, tra cui in prima linea l’amministrazione comunale e l’istituto d’istituzione superiore “Benvenuto Cellini” di Valenza. Quattrocento anni di fede e bellezza vengono così restituiti alla comunità valenzana e al mondo intero, simbolo di una creatività e inventiva difficilmente eguagliate.

Ma quello di domenica non sarà solo l’inizio di un percorso di valorizzazione dei beni culturali. «L’anniversario dei 400 anni vuole essere anche una grande festa della comunità ecclesiale che, riconoscendosi in un’antica storia, vive la testimonianza nel presente del suo essere Chiesa» conferma Marasini. «L’attenzione verso gli ultimi, così accoratamente proposta da papa Francesco, era giusto che si concretizzasse, a maggior ragione in questo momento celebrativo, con un’opera di carità». E l’opera, denominata “Canonica amica”, ha lo scopo di proporre l’ospitalità e l’accompagnamento come sostegno alla vita quotidiana delle persone anziane autosufficienti e parzialmente indigenti (come coloro che godono, per esempio, di una pensione minima e non hanno la casa in proprietà, o che soffrono per difficoltà economiche). Se gli enti sponsor confermeranno la loro disponibilità, entro l’autunno l’edificio della canonica, inizialmente pensato da don Luigi Frascarolo per ospitare una decina di sacerdoti, potrebbe già ospitare i primi anziani bisognosi.

San Massimo

Massimo nacque nel 450 ad Astigliano, piccolo villaggio alle porte dell’odierna città. Di nobili origini divenne parroco della comunità e, in un periodo di scontro tra gli eserciti di Teodorico e Odoacre, radunò la popolazione degli insediamenti vicini in un unico luogo per garantirne la sopravvivenza. Nasceva così l’antica città di origine ligure: Valenza. San Massimo venne chiamato nel 496 a diventare vescovo di Pavia, ma il legame con la sua città natale non si spense mai. Fin dai primi secoli la fede popolare rese omaggio al Santo con la donazione di ceri decorati con motivi floreali. Il tempo è passato ma la tradizione perdura: anche quest’anno i rappresentanti delle categorie che concorrono al bene della città accenderanno i loro ceri ai piedi del busto argenteo contenente le requie del vescovo di origini valenzane.